Intervista al Presidente Somma: “Lo sviluppo della Basilicata? Industria, innovazione e competenze”
Le sfide future della Basilicata, tra le difficoltà di un contesto internazionale instabile e le perduranti criticità della regione, in primis infratsrutturali, che limitano l’attarttività e la competitività. Il Presidente Francesco Somma ne ha parlato in un’approfondita intervista a La Nuova del Sud.
Presidente, non è un momento facile per chi fa impresa. Le tensioni geopolitiche e la guerra commerciale dei dazi stanno determinando un rallentamento degli investimenti. Le ricadute si avvertono anche sul territorio?
E’ soprattutto l’incertezza determinata da tanta instabilità a rallentare la crescita e frenare gli investimenti. Il problema è generale ma per le industrie italiane si somma a costi energetici nettamente più alti e allo storico eccesso di burocrazia. Gli effetti si ripercuotono a cascata anche sui territori. E in Basilicata la preoccupazione è legittima, in presenza di un quadro economico già di per sé fragile, su cui gravano irrisolte diseconomie esterne. A partire dal deficit infrastrutturale che, evidentemente, non riguarda solo la viabilità, trasporti e connessioni digitali ma anche le reti idriche.
La Val Basento è già da settimane in emergenza idrica. La Regione ha recentemente annunciato lavori di adeguamento delle condotte. Il problema può considerarsi risolto?
Per il momento possiamo tirare un sospiro di sollievo. L’intervento annunciato dalla Regione Basilicata servirà a superare l’emergenza che, in queste settimane, ha messo in ginocchio le industrie insediate, costrette a ridurre o addirittura fermare le attività. Le imprese hanno sostenuto grandi sacrifici e garantito grande disponibilità. Siamo stati al loro fianco, in prima linea per provare a limitare i danni, interloquendo in maniera continua e costante con tutti i soggetti competenti e responsabili. Va dato atto alla Regione di aver individuato una buona soluzione, con relativa copertura finanziaria, per superare temporaneamente le criticità. Ora, però, l’esecuzione dei lavori di adeguamento dovrà essere altrettanto rapida. Al di là di questo, dobbiamo prendere atto che si tratta di un’emergenza ormai sistemica che richiede soluzioni strutturali. E’ necessario un intervento che superi, in maniera definitivamente risolutiva, le criticità dell’attuale sistema che non è più sufficiente a soddisfare le esigenze.
Ci sono proposte concrete?
Da tempo abbiamo suggerito un’idea progettuale per collegare l’area industriale di Pisticci scalo allo schema idrico del Sinni per garantire l’approvvigionamento di acqua industriale. Sappiamo che la proposta è all’attenzione dei competenti uffici regionali che stanno vagliando le varie ipotesi. Chiaramente non ci interessa che la soluzione sia questa o un’altra. L’importante è che sia efficace e tempestiva. E’ chiaro a tutti che gli interventi strutturali necessari richiedono tempi considerevoli. Ma non si può più attendere. Senza soluzioni adeguate rischiamo conseguenze drammatiche.
Ritiene che sia concreto il rischio disinvestimenti?
In un contesto così complesso, in cui la sfida della competitività passa dalla capacità di innovare, di riconvertirsi in chiave sostenibile e di intercettare nuovi mercati, è assurdo che chi investe in Basilicata debba preoccuparsi di come garantirsi la fornitura idrica. Sì, dunque: l’emergenza idrica è una minaccia alla tenuta delle nostre imprese. Ma dobbiamo guardare alla soluzione, oltre al problema, cogliere i segnali positivi e lavorare per rafforzarli. Come sappiamo, la Val Basento si prepara a ospitare una grande iniziativa industriale con la realizzazione di un’azienda di trasformazione della carta. Questo ci conferma che si tratta di un’area di insediamento produttivo con una sua appetibilità, che potrebbe vivere una nuova importante stagione industriale. Abbiamo un orizzonte temporale per la tanto agognata Matera Ferrandina. Vorremmo occuparci di più di come accelerare la zona franca doganale e la Piattaforma logistica integrata che possono rappresentare importanti leve di rilancio. C’è poi la Zes Unica: seppure la Basilicata non sia comunque tra le regioni con le migliori performance, si tratta comunque di un’opportunità che va valorizzata al massimo.
A proposito di Zes, come commenta la recente decisione del Governo di estenderne i benefici alle Marche e all’Umbria?
Una premessa: la Zes Unica è nata specificamente per rilanciare il tessuto produttivo del Mezzogiorno e favorire il superamento delle disparità territoriali tra Nord e Sud. Ed effettivamente i risultati raggiunti sono stati significativi, in particolare in alcune regioni del Sud Italia. Comprendiamo, bene, dunque l’interesse a includere anche altri territori nei benefici di semplificazioni autorizzativi e di credito d’imposta. Ma se così deve essere, dovrà essere innanzitutto garantita una adeguata e bastevole dotazione di risorse. E poi rimane il tema cruciale: gli obiettivi di coesione territoriale sono lontani dall’essere raggiunti. Se i benefici della Zes Unica si estendono a territori non meridionali, sarà necessario individuare altri strumenti perequativi che siano aggiuntivi per le Regioni del Mezzogiorno, altrimenti si rischia una eterogenesi dei fini. Una proposta da sempre cara a Confindustria è il ripristino di “Decontribuzione Sud” come misura strutturale.
Fino ad ora qual è, nella sua analisi, il bilancio della Zes in Basilicata?
Come sa, avevamo evidenziato alcune criticità e direi che siamo stati fin troppo facili profeti. Per quanto riguarda il rilascio delle autorizzazioni uniche, non possiamo vantare le ottime performance di altre regioni come la Campania e la Puglia. La mancanza di meccanismi che avrebbero dovuto compensare il conclamato gap di attrattività da cui parte la Basilicata, e che avevamo suggerito per stimolare una crescita realmente omogenea del Mezzogiorno, contribuisce ad allungare le distanze. Anche perché siamo già ingiustamente penalizzati da una minore intensità agevolativa prevista dalla Carta degli Aiuti di Stato a finalità regionale 2022-2027. Ma l’analisi non è tutta negativa, anzi. Analizzando nel dettaglio i numeri, risulta particolarmente positivo il dato relativo all’utilizzo del credito di imposta. Il che conferma l’esistenza nella nostra regione di un tessuto produttivo dinamico e reattivo.
Poneva la questione della inferiore intensità di agevolazioni di cui godono le imprese della Basilicata, in base alla Carta degli aiuti di Stato. Se ne parla da tempo, si è mosso qualcosa in proposito?
Continuiamo a subire questa intollerabile penalizzazione per effetto di un modello che fa riferimento a un andamento socioeconomico della nostra regione che, in questi anni, è stato completamente stravolto. Oggi la Basilicata è la regione del Mezzogiorno che cresce meno. Lo tsunami Stellantis che si è abbattuto sulla nostra economia è sotto gli occhi di tutti. Abbiamo la fortuna di avere un autorevolissimo referente in Europa. Portiamo una volta per tutte la questione all’attenzione del Vice Presidente della Commissione Europea, Raffaele Fitto. O almeno, proviamoci. E se proprio non dovesse essere possibile modificare questo aspetto, è ora di rivendicare una compensazione per una regione che ha dato e continua a dare tanto al Paese, soprattutto in termini di produzione energetica.
Quali sono le attese per il rilancio dello stabilimento Stellantis ?
Stiamo affrontando l’ora più buia. Il 2025 è destinato a essere l’anno più complesso, quello di passaggio, con il lancio delle prime nuove produzioni. Per il 2026 prevediamo una certa ripresa, ma comunque parziale rispetto alle potenzialità dello stabilimento. Poi bisognerà attendere le reazioni del mercato. Il realismo ci porta ad ammettere che l’automotive italiano non potrà replicare i livelli del passato, né produttivi né occupazionali. Bisogna guardare avanti. E questo significa stimolare in Basilicata grandi iniziative private in grado di compensare quello che inevitabilmente è andato e andrà perso. Ma bisogna far in fretta, prima che sia troppo tardi. Occorrono visione e coraggio per orientare in un’unica direzione gli strumenti che abbiamo a disposizione. Se pensiamo che sia possibile, come diciamo da tempo, potenziare gli investimenti in energie rinnovabili, aerospazio, difesa, ect, proviamo a costruire anche percorsi formativi o di riqualificazione delle competenze attinenti alle specializzazioni produttive su cui pensiamo di puntare.
Nel frattempo, l’indotto rimane in forte sofferenza. L’unica buona notizia arriva dalla riconversione produttiva dello stabilimento Mubea. Un caso isolato?
Il caso Mubea è stato un bellissimo segnale, anche perché il progetto di riconversione è di iniziativa di un imprenditore lucano. Ma chiaramente le aziende dell’indotto continuano a vivere un momento di grande difficoltà. A nostro avviso, a livello nazionale sarebbe necessario e urgente intervenire su almeno tre aspetti: credito d’imposta per ricerca e sviluppo, taglio dei costi energetici e proroga dei finanziamenti bancari erogati alle imprese. Per quanto riguarda l’area di crisi complessa, vanno stanziate le ulteriori risorse annunciate. La Regione ha già messo in campo importanti iniziative di sostegno. Ora bisogna imprimere massima accelerazione ai bandi. Ma bisogna evitare che le agevolazioni siano vincolate a criteri che non tengono conto dello stato di crisi del settore. Ad aziende in difficoltà non si possono chiedere incrementi di posti di lavoro. Molto positivo, invece, che il recente avviso pubblico regionale sulla formazione continua abbia previsto un capitolo specifico per la riqualificazione delle competenze dei lavoratori dell’indotto.
In questo scenario già di per sé complesso come incideranno i dazi?
La Basilicata ha già pagato il suo dazio nel 2024, con il crollo della produzione automobilistica, voce nettamente predominante dell’export verso gli USA. Ma l’attenzione è massima per tutte le altre produzioni esposte a ricadute dirette. Penso soprattutto al Mobile Imbottito, all’Agroindustria, alla Meccanica, ma anche alla componentistica auto. Attendiamo di capire cosa accadrà alla Farmaceutica. Se gli aumenti dei prezzi dei prodotti di qualità del nostro made in Italy potranno essere in qualche modo assorbiti dal mercato, proprio in virtù della qualità e dell’unicità che li contraddistingue, gli effetti andranno valutati con attenzione anche nel medio e lungo periodo, in termini di perdita di competitività ed erosione dei margini, soprattutto per le imprese “labour intensive”. Ma bisogna tener conto anche degli effetti indiretti, derivanti dalla svalutazione del dollaro e da competitors sempre più aggressivi, anche sui mercati storicamente più redditizi, per effetto della imposizioni tariffarie rivolte ai mercati asiatici. Preoccupano soprattutto le politiche di dumping adottate dalle aziende cinesi. L’Europa dovrebbe tirare fuori dal cassetto l’ “Agenda Draghi” e velocizzare i trattati commerciali con altre aree strategiche come il Mercosur, il Sud-est asiatico e l’Africa. Le imprese maggiormente colpite andranno compensate con misure europee e nazionali. E, a livello locale, bisognerà prevedere strumenti, a cui la Regione sta già pensando, che aiutino le nostre imprese a essere presenti sui nuovi mercati internazionali.
In un contesto globale in così rapido cambiamento come vede il futuro delle imprese in Basilicata?
Seppure in un contesto veramente complesso, non bisogna dimenticare che la Basilicata vanta eccellenze produttive di tutto rispetto, che sanno farsi largo nonostante i limiti di cui abbiamo parlato. Non mi riferisco solo ai più noti big players ma anche ad aziende di medie dimensioni, operanti in vari settori, meccanico, energetico, chimico e farmaceutico, del mobile imbottito e dell’agroindustria, e anche dell’aerospazio. Si tratta di specializzazioni produttive che hanno grandi potenzialità di crescita e che sono caratterizzate anche da elevati tassi di know how e innovazione. Si tratta di realtà che vanno sostenute nella crescita rendendole sempre più innovative, sostenibili e quindi competitive sui mercati internazionali. In presenza degli stimoli giusti mostrano una grande capacità di reazione. Lo dimostra a esempio la risposta ai contratti di sviluppo a valenza regionale. Abbiamo molto apprezzato lo stanziamento di altre risorse che ha consentito di scorrere la graduatoria e finanziare tutte le domande, come è accaduto anche per i Mini Pia. Ottimi segnali sono arrivati anche da strumenti quali il bando per l’efficientamento energetico, attraverso l’autoproduzione da fonti rinnovabili. Alla luce di questo risultato, la Regione ha meritoriamente scelto di riproporre la misura. Auspichiamo la rapida pubblicazione del nuovo avviso pubblico.
Come diceva in premessa, i costi energetici rappresentano un grande problema per l’industria italiana. Per Confindustria, il nucleare non è un tabù. Ma in Basilicata non è facile parlarne. Lei cosa ne pensa?
Quello energetico è un grande problema non solo per le imprese ma anche per le famiglie italiane. E non riguarda solo i costi, più cari in Italia rispetto agli altri Paesi europei, ma anche la possibilità di assicurare approvvigionamenti continuativi e sicuri al nostro Paese. Per questo la transizione energetica deve rappresentare l’opportunità per rafforzare il mix energetico nazionale, secondo il principio della neutralità tecnologica: vanno valutate tutte le fonti di produzioni di energia e le tecnologie di decarbonizzazione in base a sicurezza, sostenibilità ambientale, innovazione e ottimizzazione dei costi dell’energia. I moderni impianti nucleari sono piccoli, sicuri, a bassa emissione e in grado di abbattere i costi. Ecco perché crediamo che i tempi siano maturi per considerare la loro reintroduzione del mix energetico nazionale. E il nostro ruolo consiste proprio nel favorire conoscenza critica e scelte consapevoli.
Crede che la Basilicata stia adeguatamente valorizzando il ruolo che può giocare nella transizione energetica?
Come sa, la nostra regione si propone come laboratorio ideale per l’implementazione di politiche di decarbonizzazione, sviluppo sostenibile e innovazione industriale. Prima di tutto, però, va affrontato in maniera finalmente risolutiva il nodo del permitting: attraverso il rafforzamento organizzativo e gestionale delle strutture preposte a valutare gli iter degli impianti FER, oltre ai significativi passi in avanti già fatti; e anche accelerando le pratiche autorizzative per le istanze già in essere per le estrazioni petrolifere. L’Oil&Gas dovrà continuare a essere il pilastro portante della transizione energetica per un protagonismo della Basilicata in questo settore da confermare anche all’interno del cosiddetto Piano Mattei. Non dovrà essere territorio di solo attraversamento di condutture, ma luogo di ricerca, produzione e formazione nel settore delle energie.
Quali settori ritiene abbiano maggiori potenzialità di crescita?
Oltre a quelli che abbiamo già menzionato, anche il settore dell’innovazione tecnologica sta prendendo piede, con aziende che investono in digitalizzazione, automazione e sostenibilità ambientale, contribuendo all’evoluzione di settori chiave della nostra economia, come quello meccanico. Vanno segnalate positivamente anche le iniziative di innovazione e le collaborazioni con centri di ricerca e università in settori quali l’aerospazio. La regione sta puntando a sviluppare competenze e infrastrutture con progetti che coinvolgono la ricerca, la tecnologia e l’industria che fanno rete anche attraverso i Cluster tecnologici. L’agroindustria, con prodotti di alta qualità e di nicchia, ha spazio per espandersi sui mercati nazionali e internazionali. Il turismo rappresenta un altro settore con grandi, ulteriori, potenzialità, grazie ai patrimoni paesaggistici, culturali e storici unici di questa regione che vanno messi a sistema e raccontati in maniera più organica. Abbiamo chiesto alla Regione di scommetterci in maniera decisa e la nostra sollecitazione è stata raccolta. Il recente avviso pubblico del dipartimento Attività produttive stanzia una considerevole dotazione di risorse per potenziare e qualificare l’offerta turistica, aumentare la competitività e promuovere la creazione di nuovi posti letto e opportunità di lavoro. Ma, in un mondo che cambia a velocità supersoniche, questo e tutti gli altri bandi di prossima pubblicazione dovranno avere tempi di istruttoria rapidissimi.
A proposito di capitale umano e di innovazione tecnologica, i recenti rapporti Censis collocano quello lucano agli ultimi posti nelle classifiche dei piccoli atenei italiani. Cosa ne pensa?
Questi dati ci preoccupano e credo dovrebbero preoccupare tutte le istituzioni e i cittadini lucani. La capacità della nostra università di sostenersi e di produrre qualità didattica, trasferire tecnologia, generare spin-off, produrre brevetti e formare adeguatamente le nuove generazioni dovrebbe essere, e purtroppo non lo è, tra le maggiori priorità del dibattito pubblico in Basilicata, evitando giudizi tranchant ma senza nascondere la testa sotto la sabbia.
Ci indichi tre priorità per il rilancio economico della regione..
Credo innanzitutto che esso passi da una piano industriale per la Basilicata che individui risorse, obiettivi e strumenti per monitorare e misurare i risultati. Bisogna puntare su investimenti in tecnologie avanzate, ricerca e sviluppo, per rendere le imprese più competitive e moderne e per favorire un modello di sviluppo sostenibile e duraturo. Ma affinché si possa determinare un nuovo slancio per l’iniziativa privata è soprattutto fondamentale potenziare le infrastrutture logistiche e di trasporto, investire in formazione e capitale umano, per attrarre investimenti esogeni e favorire la crescita delle imprese locali. Il tutto dovrà essere al servizio di una prospettiva chiara e ben definita che permetta di individuare gli strumenti più efficaci per stimolare la crescita, valorizzare le risorse locali e affrontare le sfide in modo coordinato e mirato. Solo con una visione strategica unitaria si potrà evitare quella che a volte finisce per essere dispersione di risorse e di obiettivi.